Vescovo ed educatori: un incontro

Sintesi dell’incontro

Sabato 4 marzo, nel Centro Comunitario di Caldogno, si sono incontrati assieme al vescovo Giuliano, circa 200 giovani provenienti da diverse aree della diocesi di Vicenza, alcuni anche appartenenti ad associazioni come l’AC, l’AGESCI o dai circoli NOI. L’invito era esteso a tutti coloro che in diversi modi e tempi prestano servizio educativo nelle loro realtà accompagnando bambini, ragazzi o adolescenti.

“Siamo già un esercito, solo voi che siete qui, siete già in tanti!” ha detto il vescovo all’inizio del suo intervento, ringraziando e incoraggiando, “quello che fate è importante. A volte rischiamo di dire: ma io sono preparato per condividere la fede? Sì, lo siete, per quello che potete, lo siete! Come dice papa Francesco, non abbiamo bisogno di una chiesa di perfetti, ma di un ospedale da campo. Se ci pensate il nostro centro diocesano è un po’ un altro reparto dell’ospedale che sta dall’altra parte della strada, loro si occupano di curare le malattie, noi di altro… ma siamo collegati!”

L’incontro, organizzato dalla Pastorale Giovanile in collaborazione con gli animatori di comunità del progetto CACTUS, è stata una bella occasione di confronto, ascolto e conoscenza reciproca tra i giovani e il vescovo.

Dopo l’aperitivo/merenda per rompere il ghiaccio e creare un clima di incontro, sono stati proposti dei tavoli di confronto con il metodo del word caffè.

Le tematiche affrontate sono state:

DISTANZA (Nel mio vissuto personale cosa crea distanza tra me e Dio?)

ESPERIENZA (Quale esperienza significativa hai vissuto nel tuo cammino di fede?) 500mila (ipotesi: la Diocesi ha 500mila euro da investire per i giovani- Cosa faresti?) URGENZE (Quali sono le questioni urgenti che la pastorale giovanile di Vicenza e i giovani dovrebbero affrontare da ora?)

EREDITA’ (Quale eredità stai lasciando ai ragazzi che accompagni?)

 

Sintesi word caffè

Cosa crea distanza tra te e Dio? 

I giovani hanno messo in evidenza come il contesto socioculturale in cui siamo immersi, pieno di “rumore”, di corse e cose da fare, di scetticismo e scherno nei confronti di crede (o vorrebbe credere) sia un grande ostacolo alla ricerca della fede e di una relazione con Dio. Soprattutto perché non trovano spazi di silenzio e ascolto, dove poter porre anche le grandi domande sulla vita, dove condividere le esperienze faticose che mettono in crisi (il dolore, la morte, la malattia…).

Ma non è solo il “mondo” a mettere distanza, è anche la chiesa stessa. Da una parte i giovani sentono che le comunità parrocchiali diventano un muro che può distruggere la loro sete di Dio, soprattutto quando all’interno si accavallano invidie, voglia di primeggiare a scapito dell’altro, una mala gestione delle responsabilità. Dall’altra parte, un’idea troppo alta e astratta della fede, trasmette la convinzione che la relazione con Dio non sia alla portata di tutti, che sia qualcosa di puramente teorico e irraggiungibile.

 

Quale esperienza significativa hai vissuto nel tuo cammino di fede?

“È l’incontro con gli altri che apre all’incontro con Dio: ti riscopri nuovo, autentico, capace di costruire un percorso personale in cui accogli la Parola che leggi…e che ti legge dentro.”, il primo elemento che viene sottolineato da chi ha lavorato sul tema delle esperienze è l’incontro con gli altri, le relazioni belle e autentiche sono necessarie al cammino di fede di ciascuno. Le relazioni ma anche le esperienze forti, come i campiscuola, la GMG, il Sichem, esperienze missionarie, il cammino di Santiago, il servizio… esperienze forti di cui abbiamo bisogno per interrogarci, farci spostare, crescere e camminare…

Inoltre, sottolineano i partecipanti al dialogo: “A volte non è necessario allontanarsi troppo perché anche nella quotidianità delle nostre Parrocchie possiamo vivere e scoprire valori importanti quali la condivisione, la fiducia reciproca, l’ascolto, l’empatia, il coraggio di spendersi per l’altro senza pregiudizi, la partecipazione attiva e la restituzione di quanto ricevuto.”.

 

Ipotesi: la Diocesi ha 500mila euro da investire per i giovani, tu cosa faresti?

Provando a giocare con la fantasia è stato chiesto ai giovani dove avrebbero investito 500mila euro, se la diocesi li avesse a disposizione per loro.

In questo contesto è emersa la questione degli spazi, da riqualificare, da trasformare in luoghi di incontro, non solo muri funzionali alle riunioni.

Altri fronti di investimento potrebbero essere: un progetto educativo in comune che  attivi esperienze di formazione intensive, aiutare economicamente a partecipare ad esperienze forti (es. GMG…) e investire in un gruppo di formatori/accompagnatori che si prenda cura degli educatori nelle realtà locali (es. animatori di comunità).

 

Quali sono le questioni urgenti che la pastorale giovanile di Vicenza e i giovani dovrebbero affrontare da ora?

Questioni urgenti oggi sono: in primis non lasciare soli i giovani, è fondamentale che si sentano accompagnati nel loro percorso di crescita, per questo è anche necessario fare rete tra le varie associazioni e agenzie educative (come lo sport e la scuola).

Torna, anche in questo tavolo di confronto, la necessità di spazi che siano luoghi di incontro, dove poter abitare, dialogare, crescere, non solo “fare cose”. Per questo c’è desiderio anche di esperienze forti: “fare meno ‘cose’, ma che siano più significative!”.

 

Quale eredità stai lasciando ai ragazzi che accompagni?

“C’è una paura generale per il futuro perché ci sono tanti rischi, ma i desideri dei ragazzi ci spingono a dimostrare che c’è una positività di fondo che non possiamo mettere da parte.

Dobbiamo dare noi stessi speranza e dare una prospettiva di vita.

Bisogna stare al passo con le urgenze del mondo (in modo particolare la questione ambientale), i giovani sono in un contesto diverso rispetto al nostro e noi come educatori abbiamo il compito di offrire uno stile.” riportano in assemblea i gruppi che hanno discusso sul tema dell’eredità, che in quanto educatori, stanno lasciando ai ragazzi che accompagnano.

Assieme ad una testimonianza concreta, gli educatori sono chiamati a lasciare in eredità spazi che creino relazioni positive, luoghi di incontro, e una comunità accogliente, viva dove: “Trasmettere ai ragazzi la consapevolezza che sono amati, attraverso una relazione sana e la presenza. E far capire loro che anche loro possono essere presenza positiva per altri”.

 

Sintesi vescovo

Infine il vescovo Giuliano, dopo aver ascoltato la restituzione delle riflessioni dei vari gruppi, ha consegnato ai giovani alcuni punti chiave, che ritiene fondamentali.

 

Formazione

Non siamo chiamati a trasmettere “idee cristiane”, ma compassione ed empatia. La fede è un evento che crea incontri, è un’esperienza in cui camminare insieme. Ci vuole una formazione che non dia solo idee, ma che crei esperienze. “Siamo chiamati a fare nostro lo stile delle relazioni di Gesù.” dice il vescovo, reagendo al fatto che la chiesa, la comunità cristiana, la parrocchia vengono viste come un muro. “Siamo chiamati a vivere in maniera più evangelica con uno stile di vita e con un linguaggio comprensibile e vicino a chi è in difficoltà. Come a me è stato chiesto nel giorno dell’ordinazione episcopale di essere paziente, gioioso e concreto, così, penso, che anche per l’educatore siano preziosi questi atteggiamenti”.

 

Paziente: oggi il mondo degli adolescenti è per noi un’emergenza sociale, la “scompostezza” dei loro gesti e dei loro “atti” per noi è un grido di vita;

Gioioso: felice di essere al loro fianco;

Concreto: la concretezza dell’educatore passa attraverso la cura del creato, la fraternità universale, la pace e l’educazione;

 

Esperienze significative per un educatore

Il viaggio missionario, il pellegrinaggio nella “Terra del Santo” in modo sobrio ed essenziale, non da borghese.